Come cambiano le regole sull’Antiriciclaggio
Con l’entrata in vigore, nei prossimi dodici mesi della nuova Direttiva Europea 2015/849 in materia di antiriciclaggio (nota come IV direttiva antiriciclaggio) sono tante e notevoli le modifiche delle prassi utilizzate finora e diversi i nuovi obblighi per i «soggetti obbligati»: professionisti, banche, assicurazioni, poste, intermediari del risparmio e altri soggetti ancora (cambia valute, società fiduciarie, operatori di gioco) che possono, nello svolgimento delle loro attività, entrare in contatto con operazioni sospette di riciclaggio.
I soggetti pocanzi elencati nell’applicazione della normativa antiriciclaggio, sono obbligati a rendere una serie di informazioni che costituiscono la cosiddetta “adeguata verifica” quando si trovano in presenza di:
· movimentazione di denaro;
· trasferimento o trasmissione di mezzi di pagamento;
· compimento o stipula di atti negoziali a contenuto patrimoniale.
Di fatto, questo adempimento trova applicazione, fatte salve alcune eccezioni:
- in occasione del conferimento dell’incarico per l’esecuzione di una prestazione professionale o dell’instaurazione di un rapporto continuativo;
- in occasione dell’esecuzione di un’operazione occasionale, che comporti la trasmissione o la movimentazione di mezzi di pagamento di importo pari o superiore a 15mila euro.
Sono, però, espressamente escluse dagli obblighi di adeguata verifica le attività di mera redazione e trasmissione, ovvero di sola trasmissione, delle dichiarazioni derivanti da obblighi fiscali e degli adempimenti in materia di amministrazione del personale.
Prima dello svolgimento di una prestazione professionale, che apre ad un rapporto continuativo o che sia solo un’operazione occasionale, i clienti sono tenuti a fornire una serie di informazioni al professionista o al soggetto “obbligato”. Queste informazioni riguardano:
- all’identificazione del cliente e alla verifica della sua identità, attraverso riscontro di un documento d’identità o di altro documento di riconoscimento;
- all’acquisizione e valutazione di informazioni sullo scopo e sulla natura del rapporto continuativo o della prestazione professionale.
Queste informazioni che dovranno essere raccolte riguardano, oltre il soggetto richiedente la prestazione, anche il titolare effettivo, ovvero la persona fisica, diversa dal cliente, nell’interesse della quale il rapporto continuativo è instaurato, la prestazione professionale è resa o l’operazione è eseguita.
L’identificazione del cliente e del titolare effettivo, consiste nell’acquisizione diretta dei dati identificativi, cioè in presenza del medesimo cliente ovvero dell’esecutore, mediante l’esibizione di un documento d’identità in corso di validità o altro documento di riconoscimento equipollente (ad esempio il passaporto), del quale il soggetto obbligato deve acquisire copia, in formato cartaceo o elettronico.
Tali informazioni, relative al titolare effettivo, devono essere comunicate al Registro delle Imprese, per via esclusivamente telematica e in esenzione da imposta di bollo, quando il cliente sia una persona giuridica dotata di personalità giuridica, tenuta all’iscrizione nel Registro delle imprese (articolo 2188 del Codice civile), o una persona giuridica privata come un’associazione o una fondazione, tenuta all’iscrizione nel Registro delle persone giuridiche private (Dpr 10 febbraio 2000, n. 361).
Il decreto inoltre prevede una sanzione di duemila euro, per i professionisti o l’intermediario che viene meno a questi obblighi di adeguata verifica e omette di acquisire i dati identificativi e le informazioni sul cliente; Ancora più aspre le sanzioni, che vanno da 2.500 fino a 50.000 euro, se le violazioni sono «gravi, ripetute o sistematiche» o in caso di violazione degli obblighi di conservazione, per dieci anni, dei dati relativi alla clientela. L’omissione di segnalazione di operazioni sospette è punibile con una sanzione che va dai 3.000 euro, fino ad un massimo di 300.000 in caso di violazioni gravi, ripetute e sistematiche. In caso invece di falsificazione dei dati è prevista la reclusione da sei mesi a tre anni e una sanzione da dieci a trenta mila euro.